In questi giorni di mezza estate il dibattito sui social non va in vacanza, e a tenere banco nelle ultime ore è la curata analisi che Luca Alagna ha condotto sul lento, quanto inesorabile, declino di Twitter.
“Twitter si era immaginata come l’erede moderno dei mass-media eppure oggi questa visione si sta rivelando un vicolo cieco. Nonostante i maggiori ricavi pubblicitari la base degli utenti non cresce più”.
Riflettendo sui dati del secondo trimestre 2015, Alagna ipotizza che Twitter stia “morendo lentamente” per colpa della sua tendenza ad aver distinto i suoi iscritti in due tronconi, quello dei personaggi da mass media e quello della grande massa del pubblico indistinto, costretto ad assistere passivamente alle moine dei primi, e senza alcuna speranza di crescere dentro al social network, pur producendo contenuti di qualità che il social stesso non gli permetterebbe di valorizzare.
Come riassume efficacemente Paolo Ratto, insomma, Twitter sta morendo “per colpa della tendenza ad emulare e supportare dinamiche prettamente televisive”, negando e tradendo di fatto il potere delle dinamiche sociali della Rete.
Personalmente, oltre a quanto scrive Alagna, che pur condivido e sottoscrivo, ritengo che Twitter non sia mai riuscito a “sfondare” completamente perché privo di quell’immediatezza che invece è propria dell’ormai indiscusso numero 1 dei social: stiamo parlando di Facebook naturalmente, che, diversamente dal concorrente, registra una crescita costante dei propri utenti, decretando un successo che pare inarrestabile.
Come evidenziato dal grafico, tratto dalla presentazione dei risultati economico-finanziari del primo trimestre 2014, gli utenti attivi quotidianamente su Facebook sono 936 milioni (su 1.36 miliardi di utenti registrati), ovvero un +17% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Una cifra enorme, dunque, che risulta ancora più impressionante se confrontata direttamente con le stime di crescita per il 2015 prospettate per i diversi social media.
Fonte: http://de.statista.com/
Sembra dunque che siano sempre meno le persone che riescono ormai a fare a meno di Facebook, ma qual è la ragione alla base di questo planetario successo?
Non siamo i primi a chiedercelo naturalmente, il tema infatti è già stato ampiamente dibattuto da molti autorevoli studiosi, che per motivare il grande boom dei social network, a partire dai primi anni del 2000, hanno chiamato in causa Abraham Maslow e la sua famosa Piramide dei Bisogni.
Maslow, uno dei più grandi psicologi del secolo passato, aveva infatti ipotizzato l’esistenza di cinque livelli di bisogni, strutturati secondo una gerarchia di complessità:
1. BISOGNI FISIOLOGICI
2. BISOGNI DI SICUREZZA
3. BISOGNI DI APPARTENENZA
4. BISOGNI DI STIMA
5. BISOGNI DI AUTOREALIZZAZIONE
Con la loro sempre più pervasiva affermazione, i social network sono stati inseriti nella piramide di Maslow, quali strumenti coadiuvanti, se non indispensabili, a soddisfare i bisogni fondamentali dell’essere umano individuati da Maslow.
Osservando questa infografica risalente al 2012 (non è molto, lo so, ma per i tempi del web si tratta di ere geologiche!), credo che la situazione sia ulteriormente mutata a favore di Facebook.
Oggi infatti, in questa estate 2015 in cui se da una parte abbiamo un Twitter in declino e dall’altra un Google+ che lascia del tutto la corsa (leggi il laconico annuncio “Everything in its right place” in cui Google, ammettendo che “per molte persone non ha senso che il profilo Google+ debba necessariamente essere il modo in cui ci si identifica per usare altri prodotti Google”, di fatto sancisce l’unica esile ragione di sostentamento per il loro social, mai veramente decollato), e per il resto tutti gli altri stanno a guardare da una distanza lontanissima crogiolandosi nelle loro minuscole nicchie, Facebook si afferma come il re dei social network perché è stato il solo in grado di conquistare tutti i livelli della Piramide.
Il costante utilizzo di Facebook – lo sappiamo – è il modo più naturale per restare in contatto con gli amici e conoscere persone nuove (Appartenenza), ma è anche diventato il megafono abituale che utilizziamo per esprimere le nostre opinioni (Stima), così come ce ne serviamo per lasciare la nostra traccia sulla rete per essere apprezzati e ricordati (Autorealizzazione).
Credo inoltre che a giudicare dalla vera e propria dipendenza che va dilagando, e non solo tra i più giovani, Facebook si sia anche esteso al livello più basso della Piramide, quello dei bisogni fisiologici. Non fate i finti moralisti e ammettete infatti che, per chi lo ha scoperto e lo usa regolarmente, Facebook è ormai pari alle nostre necessità fisiologiche quotidiane: alla mattina ti alzi, fai pipì e mentre consumi la colazione consulti la tua bacheca di Facebook dallo smartphone (sempre che non ti sia già portato il telefono in bagno!).
Insomma, che sia Facebook o un altro social quello che si consulta nervosamente sul telefono, una cosa è certa: ciò di cui oggi abbiamo disperatamente bisogno è 1) una connessione wi-fi e 2) una batteria dalle alte prestazioni, tanto che sono stati appositamente aggiunti 2 livelli alla Piramide di Maslow per identificare questi due nuovi bisogni, ovviamente prioritari rispetto a quelli fisiologici :-)
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